La microstoria di ognuno di noi è la storia del nostro domani

Quando si parla di tematiche legate alle due sponde dell’Adriatico, risulta scontato e del tutto naturale farsi una chiacchierata con la Pofessoressa Sanja Roić, che da anni è impegnata nello stabilire le interferenze letterarie e culturali tra la Croazia e l’Italia.La  Professoressa Sanja Roić è nata a Pula ed docente presso il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Zagabria, ha pubblicato un centinaio di articoli scientifici e specialistici in Croazia, in Italia, in Germania, in Polonia, in Slovacchia ed in Romania. Ha, inoltre, pubblicato tre libri: Giambattista Vico. Letteratura, poetica, retorica (Zagabria, 1990), Il Filosofo allo specchio. Ritratti di Giambattista Vico (Zagabria, 1996) e  gli Stranieri (Zagabria, 2006). Ha curato, da sola o in collaborazione, cinque antologie scientifiche. Infine ha pubblicato numerose traduzioni in italiano (Frane Petrić, Macchiavelli, Giambattista Vico, Benetto Croce…). É stata ospite di molte Università quali Berlino, Chieti, Pescara, Trieste, Lubiana, Zara e Bari.

La nostra comunità aveva intenzione di fare una ricerca sulla sua “Presenza nella capitale croata, analizzandone la composizione, le origini ed i flussi migratori ma, almeno per ora, i nostri sforzi si sono dovuti fermare poiché il materiale a nostra disposizione, presente nelle biblioteche e negli archivi di stato, era carente e frammentario? Che cosa si potrebbe fare a riguardo?

Dobbiamo aspettare. Dobbiamo aspettare il contributo dei nostri giovani storici croati, che hanno una buona scuola e che, anche in un contesto europeo, saranno interessati a dimostrare questa pluri-etnicità, questa ricchezza, a discapito di un passato alquanto complicato e complesso, dominato da grandi momenti di censure, legate alle guerre e alle rivoluzioni. Ci sono per fortuna, queste oasi più o meno lunghe di pace, che ci permettono di dar vita a queste ricerche che sono parte integrante della nostre singole vite. Ognuno di noi ha un avo, un parente, oppure degli amici, o solamente delle conoscenze che sono fonte di questa  grande varietà da “portare alla luce”. Mi affido al futuro e all’arricchimento linguistico, culturale e civile, che i nostri giovani storici avranno, sempre di più, in occasione dei loro soggiornari in Italia sempre più lunghi.

Quali sono questi giovani storici che portano avanti queste tematiche? Può essere più precisa su questo argomento?

Per esempio, c’è un mio collega il Professor Jakovina, che è un giovane docente universitario che si occupa di storia moderna e che ora è invitato, come “visiting professor” anche all’Università di Bologna, fa dei soggiorni in Italia ed è certo che così facendo è stimolato a proseguire le sue ricerche in questo campo. Inoltre abbiamo un’ottima scuola filologica all’Università di Zagabria; sappiamo che già dagli anni venti, a Zagabria nasce un dipartimento di italianistica, è un caso raro, anche nel contesto europeo, nasce grazie al lavoro del Prof. Mirko Deanović, di origine ragusea, che aveva studiato italianistica all’università di Vienna, intorno agli anni 1910-1920. Nel secondo ventennio, questo giovane docente, brillante in quell’epoca, fonda il dipartimento di italianistica e da quel momento, anche nei momenti più difficili, grazie ai suoi eccezionali contatti europei, ha continuato nel suo lavoro grazie anche alla giusta scelta dei propri collaboratori, i suoi collaboratori che sono stati i miei professori, come il prof Zorić, ed il compianto professor Čale, due dalmati ma con interessi storici europei, che hanno proseguito le ricerche del loro maestro studiando questo patrimonio eccezionale della cultura croata che è il patrimonio della lingua italiana e della civiltà dalmata, lasciando delle ricerche fondamentali, pubblicando dei libri anche in Italia e che oggi servono ai giovani ricercatori italiani per proseguire le loro ricerche. Questa eccezionale ricchezza che sin dai tempi rinascimentali, grazie ai contatti marittimi tra una e l’altra sponda, ed anche ai viaggi compiuti da persone elette, da persone appartenenti ad uno strato sociale, sicuramente, privilegiato: potevano viaggiare e fornire la propria biblioteca di libri italiani, di ordinarli e farli arrivare, è stata fonte di studio nell’ambito della cultura croata. Altrettando importante e significativo è stato il fatto chei più antichi libri croati sono stati stampati in Italia, in lingua anche croata; noi sappiamo che queste tipografie, a Venezia e a Firenze, avevano i caratteri letterari di tante lingue, sembra più di 150 caratteri, così che non dobbiamo dimenticare che la nostra “Judita” il nostro “Planine” “Hrvatsko Prigovaranje”, il libro fi Fausto Vrančić, sono stati “salvati” poiché i nostri archivi non hanno conservato né i manoscritti, né tutti preparativi per la stampa e dunque sono stati per noi la base della nostra cultura e della nostra letteratura. Posso dire  che sono stata scolarizzata in Croazia e queste sono cose le ho scoperte solo dopo; queste sono le cose da tramandare che dobbiamo tramandare ai nostri giovani.

Ma come è possibile tramandare questi insegnamenti, in che modo, con quale approccio e sensibilità?

Io trovo che i nostri giovani studenti, oggi si dice che i giovani non hanno quell’interesse, sono motivati diversamente, sono cresciuti in un mondo che ha una grande velocità di informazione e quindi non dobbiamo misurare i loro interessi, i loro risultati con i nostri parametri che derivavano soltando dalla lettura, dal contatto diretto con il libro in biblioteca, con quelle scarse fotocopie che si potevano fare. Oggi le informazioni sono accessibili, viaggiano con una velocità straordinaria e quindi dobbiamo motivarli, dobbiamo indirizzarli e loro, sicuramente, seguiranno queste tracce.

Qual è l’atteggiamento dei giovani studenti del vostro dipartimento verso l’italianità in senso generico?

La civiltà italiana è stata molto grande, ed anche nei momenti di chiusura legata alla recente guerra, l’Italia ha rappresentato per loro un modello di riferimento in diversi campi tra cui la moda, il design, il modo di passare il tempo libero, ma quando parliamo delle loro ricerche  vi posso confermare che sono ugualmente seri ed interessati. Per esempio un campo dove si potrebbe lavorare insieme potrebbe essere la conoscenza reciproca di tutte le istituzioni italiane in Croazia, gli studenti di italianistica sarebbero, sicuramente, interessati a conoscere la realtà della comunità italiana di Zagabria, conoscere i suoi membri, che potrebbero parlare, direttamente, delle loro esperienze. Questa per loro sarebbe si una scoperta, una nuova conoscenza.

Ma la nostra storia si differenzia per situazioni, importanza e grandezza da quella delle grandi comunità storiche, Fiume e Pola. Come potremmo noi essere interessanti agli occhi dei vostri studenti?

Anche questa comunità dell’entroterra è importante poiché raccoglie la testiominaza ottocentesca, di quegli italiani venuti qui per altri motivi. Io dico sempre che tutti noi che ci occupiamo di cultura italiana, apparteniamo a questo grande mondo, e cerco anche di trasmetterlo ai miei studenti, perché il nostro privilegio più grande è la conoscenza. Noi non ci sentiamo stranieri  né quando siamo in comunicazione, ma, anzi, ci sentiamo mediatori di due culture perché cerchiamo di far conoscere reciprocamente una all’altra. Sono stata affascinata delle notizie su questa piccola comunità, un’isoletta nel mare croato, in una realtà difficile dove i risultati si possono raggiungere solo grazie al vostro entusiasmo e al vostro sacrificio e questo deve essere fonte di massimo rispetto.

La storia delle piccole comunità è di più difficile conservazione e divulgazione? Qual è il segreto per non perdere le tracce delle nostre origini?

Come sappiamo nel passato molte cose sono andate perdute nei piccoli centri, mentre nelle città costiere qualcosa si è conservato negli archivi e nelle biblioteche, invece per queste comunità continentali, lì non si è conservato quasi niente. Quindi bisogna cercare di vedere se ci sono delle tracce rimaste ed è nostro compito cercare di salvare questa memoria del passato;  sono sicura che i vostri membri avranno voglia di approfondire questi argomenti mentre la gioventù non ha ancora maturato questa voglia di guardarsi dietro le spalle. La maturità ci porta, ed io ho questa sensazione, verso il nostro destino, verso quello che abbiamo scelto, sembra qualchevolta che ci siano una mano che ci porti in un paese, che ci fa incontrare qualcuno come se ci fosse un percorso da completare.

Mi è sembrato di capire che l’adesione della Croiazia all’Europa lavora in nostro favore. È così o ho capito male?

Si è così, è prorio così e credo che il contesto europeo stia lavorando “per noi”, non bisogna dimenticare quanto è stato doloroso il passaggio della Croazia negli anni ’90, dove c’era un momento di coesione nazionale e non c’era nemmeno tanto spazio per le altre culture, adesso siamo già in un momento di maggiore apertura e questa è una fortuna.

Ci avviamo alla fine di questa intervista e le volevo chiedere che cosa le salta in mente quando parliamo di Zagabria ed Italia?

Sicuramente Palazzo Buratti che è la sede dei ricevimenti ufficiali del governo municipale della città di Zagabria è, un palazzo lasciato alla città dalla contessa italiana Buratti e questo mi fa pensare ad altri importanti cittadini di oggi ed alle loro famiglie di origine italiana. che potrebbero essere studiati attraverso le loro microstorie. Dalle loro storie potrebbero “venire alla luce” delle raccolte di lettere, delle fotografie, documentazione varia la scoperta di riviste italo-croate, di cui alcune se ne conosce l’esistenza ma non se ne trovano le tracce. Non tutto finisce negli archivi, non tutto finisce protetto, quindi c’è sembre qualcosa da fare, abbiamo sempre qualcosa da fare se lo vogliamo.

Quindi lavoro da fare ce n’è e ce ne sarà sempre?

Questo è certo. Ma se posso suggerirvi, voi potreste stimolare, e so che lo farete, la raccolta di questo materiale, di questo patrimonio famigliare, che esiste. Per esempio cercare di sapere quali libri c’erano nelle biblioteche di famiglia, se c’era della corrispondenza, quale tipo di contatto esisteva tra le varie famiglie, insomma, cercare di formulare dei curriculum vitae di alcuni personaggi, di alcuni intellettuali interessati, di origine italiana o che si sono formati in italia come cultura, grazie ai loro soggiorni ed ai loro contatti. Ognuno doverbbe aprire i vecchi armadi e veder dentro cosa c’è. Penso, anche, che attraverso il vostro semestrale potreste sensibilizzare i più giovani e chi possiede questo tipo di materiale a “trasmetterlo agli altri”. Magari qualcuno conserva in famiglia delle vecchie carte, perché viviamo in un’area, dove fino alla prima guerra mondiale sia Trieste che Zagabria si trovavano nello staesso Stato e la gente circolava per motivi vari e questo scambio ci ha arricchito e ci continua ad arricchire.